29 ottobre 2008
Dibattito pubblico sul saggio "Scibile invisibile proibito" alla presenza del Magnifico Rettore Antonio Tamburro e del Chiarissimo Professore Michele Goffredo.
Università degli studi della Basilicata, Aula Magna Francioso ore 16.00.Potenza.
Luca Caricato chiede ed ottiene dall'UNIBAS un aiuto per difendere la sua ricerca da plagi. Il Rettore manifesta un interesse e promette di cominciare a collaborere anche con altre università, come quella di Venezia, che hanno manifestato una vivace attenzione per la tesi del dr. Caricato. Purtroppo il Magnifico Rettore muore improvvisamente qualche mese dopo, il 23 giugno 2009. A lui va tutta la mia stima. Lo conobbi mentre disegnavo sulla lavagna dell'Aula Quadrifoglio un gigantesco murales con dei gessetti. Io ero una matricola e lui, non era ancora Rettore, ma era solo un docente della facoltà di chimica. Cominciò subito a provocare come sapeva fare solo Lui. Aveva un rapporto con gli studenti che era unico. Severo ma paterno con tutti. Voleva sapere perché l'enorme mano che avevo disegnato a sinistra della parete della lavagna comprometteva con un dito il giusto equilibrio di una bilancia che avevo disegnato.
Era sempre lì a non dare nulla per scontato. Da Rettore continuava a ricevere nel suo laboratorio di chimica dal quale fino all'ultimo non seppe separarsi. Chi doveva parlare con lui doveva mettersi in fila ed aspettare il suo turno, chiunque fosse, a meno che non si trattasse di uno studente, noi avevamo sempre la precedenza.
Luca Caricato
Il ritratto: il vino, la musica e l’ironia
«Era di maggio. Poi fu l’inverno. - Quarto binario tronco lato sud». Antonio Mario Tamburro aveva scritto questo racconto un po’ per fermare il tempo e non smarrire la memoria. Un po’ forse per rimanere fedeli a se stessi. Alla propria storia. Aveva voluto presentarlo, con un gruppo di amici e di colleghi, in una sera d’aprile, davanti a un buon bicchiere di vino, fra note di chitarra in una cantina di Rionero. Col vino e la musica che erano due dei suoi amori. Come la scienza, la bellezza, la rivoluzione.
Tamburro non amava recitare la parte del rettore impettito. Lui, col suo sorriso ironico e un po’ guascone, con le sue uscite sempre un po’ fuori dalle righe, il suo aspetto talvolta un po’ burbero, era un uomo di qualità e di acuta intelligenza. Uno scienziato capace di ascoltare e di apprezzare. Uno che disprezzava le ipocrisie e che custodiva il pudore delle emozioni. Era uno che si spendeva. Per le cose e le persone in cui credeva. Per i suoi ragazzi, per la ricerca. Manteneva un entusiasmo e una passione per la vita che sapeva quasi di adolescenza. Non era mai banale. Era uno di quelli che si può amare o detestare. Come le persone autentiche. Apparteneva alla stirpe dei generosi. Degli irriducibili per i valori e gli ideali che gli hanno segnato l’esistenza. Era speciale.
Se n’è andato a suo modo. Con l’uscita di scena inattesa. Spiazzando tutti. Di quel suo volume egli stesso scrisse: «Questo è un libro su come eravamo e su come non siamo più, questo è un libro su come potevamo essere e su come non siamo stati, su come vivevamo allora e su come sopravviviamo adesso. Questo è anche un libro con una storia d’amore...».